
Sopra lo scrivente con in testa il casco dei carristi italiani in spagna, denominati i “Leoni di Spagna”, combatterono per salvare l’Europa dallo stalinismo (50 milioni di morti dimenticati in URSS)
Dieci anni fa parlare di guerra di Spagna in Italia e non osannare le truppe rivoluzionarie che tentavano di trasformare quella nazione in una seconda URSS, un vero e proprio olocausto stalinista, valeva la scomunica dai salotti bene dei nostri multimiliardari di sinistra. Oggi coloro che combatterono nelle legioni volontari, cominciano ad essere considerati degli eroi (quello che sono stati) che si sono immolati per salvare la libertà di una Europa a rischio grave. Fra dieci anni avremo delle piazze intestate a quegli eroi e monumenti di Benito Mussolini, nuovamente riconosciuto fra i più grandi statisti che abbiano calpestato il suolo del pianeta. Ma non è mio compito fare il veggente, però potete stare sicuri che Hitler, Stalin, Polpot e tutti gli altri mostri generalmente morti di vecchiaia nei loro letti, continueranno invece ad essere dannati negli inferi, poiché quello è il loro unico sito. Ciò che mi distingue dai miei colleghi è sicuramente il coraggio di essere impopolare, proprio nel momento in cui dovrei invece cercare l’accordo con le masse. Ma come il mitico Pansa, io so per certo che “i vinti non dimenticano”. Così come so per certo che quella vecchina che mise un mazzo di rose secche sul sarcofago di JV Borghese, a Santa Maria del Gesù, dopo un funerale di popolo che avrebbe dovuto invece essere a fusto di cannone, e lasciò quel mazzo di rose in memoria di suo figlio, uno dei tanto marò della Xa trucidati dagli stalinisti; so per certo che quella vecchina sia il simbolo immortale di una Italia mai morta e che un giorno quella rosa sarà al posto della corona dei Savoia, in mezzo al rosso e al verde. E’ difficile capire e/o interpretare il futuro e per farlo occorre affondare prima nella storia.
Venendo a noi, cinque anni fa un signore che ricordo con simpatia e che l’ultima volta che l’ho “visto” stava scappando inseguito da quattro carabinieri, disse che ero un vecchio mitomane finito, che con i 200 iscritti che avevo a marescoop, facevo pena oltre che pietà. Tutto questo lo disse alla mia compagna di allora che sorrise compiaciuta e che dopo due anni s’involava con il classico amico di famiglia verso nuovi splendidi e rosei lidi, ben diversi dalla faticosa corvé a bordo di “Fuga”. Un amico di famiglia che nella sua fretta di far soldi s’era dimenticato di leggere il motto dei messicani, che dice che la donna del tuo amico devi vederla solo come una sorella, sennò sei il peggiore verme che popola la terra. Ti basterà infatti aspettare ed insinuarti come tale nel primo momento di crisi, nella prima spaccatura; avrai successo riuscendo a bacare un’altra mela. Interessante però notare che quella mela bacata è venuta ad offrirsi come collaboratrice di MARE, ma non l’ha fatto affrontandomi direttamente quanto direttore editoriale di Sagitta srl; bensì strisciando sinuosamente innanzi agli editori, che l’hanno allontanata gentilmente e con il tacco della scarpa. La risposta è stata “no, grazie, siamo al completo”.
Ebbene, tornando all’amico che ci dava per morti cinque anni fa, se è ancora vivo, gli faccio notare che adesso facciamo “pena” con 3000 iscritti e che presto sentiranno il rumore dei nostri cingoli anche al salone della subacquea di Bologna, dove ritorneremo da vincitori. Vedo intorno ai nostri carri armati molto movimento, c’è già chi si agita costruendo barricate laddove può, ma sono steccati deboli che noi aggireremo secondo la migliore tradizione della guerra lampo.

ecco la rosa della vecchina nel tricolore, sarebbe o no una bella bandiera? La propongo come nuova bandiera della riunificazione nazionale. Un segno definitivo per uscire dai postumi della guerra civile. Vorrei sapere voi che cosa ne pensate e poi la invierò al presidente della repubblica, al presidente del consiglio, al presidente del senato ed al presidente della camera, proposta: il tricolore della riunificazione. Propongo anche il cambiamento integrale delle parole dell’inno di Mameli che con tutte ste parole di morte è lontano dagli italiani come il monte Everest dal Monviso. Proviamo a scrivere delle nuove parole dell’inno, più consone al XXI secolo, che ne dite? E magari cambiamo anche il motivo musicale che fa… no comment
Nel prossimo salone della subacquea, riporteremo l’orologio al 2001 (quando piansi di gioia) nel mio piccolo ufficio, vedendo le standiste soverchiate dalla folla. Tutti quelli giusti che c’erano allora ci sono ancora e sono intorno a me, a loro si è aggiunta una banda di fratelli che come le aquile urlanti della 111, compagnia Ciarly, e/o come gli ottocento inglesi influenzati, che ad Azincourt sbaragliarono i francesi, che sanno stare alle avanguardie, anzi conoscono il piacere e l’onore di combattere in prima fila.
Mare è più bella che mai, forgiata dall’amore e dalla competenza, guardatelo con attenzione quel numero 20, poiché è solo la prima avvisaglia di quello che ci porterà il futuro. Un bacio ed un abbraccio a tutti coloro che ci hanno voluto bene, a quegli ex abbonati che vedendoci rinascere si sono precipitati a sottoscrivere per due anni, a tutti coloro che sanno camminare a testa alta sulla strada della verità anche storica, accettando il buono ed il meno buono che la stessa ci propone. Un bacio ed un abbraccio a tutti coloro che sognavano il ritorno di MARE.
Il direttore
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